Il giudice Gian Carlo Caselli all'Istituto Alberghiero "Giolitti" di Mondovì
L'ex magistrato alessandrino ha incontrato i ragazzi del "Giolitti Bellisario" all'interno dell'iniziativa "Abbattiamo i muri del silenzio", in memoria di Bruno Caccia.
"I problemi della legalità e della giustizia devono essere affrontati dalle Forze dell'Ordine e dalla magistratura, che, però, non possono sperare di risolverli autonomamente in maniera definitiva".
Ha esordito così il giudice Gian Carlo Caselli, intervenuto nella mattinata di oggi, mercoledì 19 aprile, presso l'aula magna dell'istituto alberghiero "Giolitti Bellisario" di Mondovì" per intavolare con gli studenti una discussione imperniata sulla legalità e, soprattutto, sulla figura di Bruno Caccia, magistrato ucciso nel 1983 dalla 'Ndrangheta a Torino.
All'evento hanno preso parte anche Paolo Demarchi, presidente del tribunale di Cuneo, l'assessore comunale Mariangela Schellino e Domenica Chionetti, comandante della Polizia Municipale di Mondovì.
Il dibattito si è aperto con un quesito rivolto dal dirigente scolastico, Donatella Garello, a Gian Carlo Caselli, mediante il quale ha indagato sulle ragioni che lo spingono, seppur in pensione, a dedicarsi ad attività di formazione nelle scuole. "Andare in giro per le scuole, dal mio punto di vista, è utile per parlare di cose che servono a tutti quanti noi. Il silenzio non è mai una soluzione: il silenzio è complice. Oggi parleremo di giustizia, di morti per la giustizia; si tratta di argomenti complessi, attorno a cui gravitano opinioni molto diverse. La scuola cerca di formare la vostra personalità abituandovi a ragionare, a pensare. Pertanto, vi esorto a non fermarvi mai alla prima stazione o a quella più appariscente: mantenete intatto in voi il desiderio di approfondire".
L'ex magistrato alessandrino ha poi spostato il discorso sul concetto di legalità e sulle componenti che ne minano le fondamenta, concentrandosi particolarmente sull'evasione fiscale: "Ci costa 120 miliardi di euro annui, cifra rivelata a reti televisive unificate nei saluti di fine anno dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il nostro sistema fiscale non funziona benissimo; magari si accanisce contro chi ha poco e chiude gli occhi di fronte a chi ha tanto e non paga. 120 miliardi di euro non sono soltanto indice di un cattivo funzionamento del sistema, ma stanno a significare che c'è un'infinità di persone che non paga proprio niente! Tutto questo è vergognoso, perché, come confermato dalla Guardia di Finanza, il 30% di questa somma è rappresentato da capitali illegalmente esportati all'estero".
E ancora: "Con meno illegalità economica vivremmo meglio. Sono fatti, cifre, realtà. Le vittime della mafia sono divenute tali perché volevano assicurare un maggior rispetto delle regole; sono morte per noi, per fare del bene a noi, per realizzare dei vantaggi per la collettività a cui apparteniamo. È importante ricordarle non soltanto come eroi, ma anche come benefattori. Padre Puglisi, Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Paolo Borsellino: sono quasi 1000 i morti innocenti. Essi si sono impegnati fino al sacrificio della propria vita perché si affermasse nel nostro paese la legalità, che non deve essere vista come un fastidio, ma come un vantaggio, in quanto ha il potere di migliorare la qualità della nostra esistenza".
Infine, il ricordo di Bruno Caccia, figura attorno a cui ruota l'intero progetto promosso dall'istituto alberghiero: "Caccia l'ho avuto accanto a me quando mi sono occupato delle Brigate Rosse - ha dichiarato Caselli -. Correva l'anno 1974: le brigate rosse sequestrarono il magistrato Mario Sossi a Genova e l'inchiesta venne assegnata a Torino. Il pubblico ministero, all'epoca, era proprio Bruno Caccia, mentre io ero giudice istruttore, figura che non esiste ormai più. Abbiamo lavorato per due o tre anni fianco a fianco. Io ero alle primissime armi, con tutto ancora da imparare, e Caccia avrebbe potuto guardarmi con distacco, ma non l'ha fatto: era un uomo di valori straordinari. Mi ha letteralmente preso per mano e mi ha insegnato tutto quello che c'era da insegnare. Insieme abbiamo affrontato il processo storico alle Brigate Rosse. La mia gratitudine nei suoi confronti è immensa e sono felice che sia stato intitolato a lui il palazzo di giustizia a Torino".
La chiusura finale è spettata alla padrona di casa, Donatella Garello, che ha asserito: "L'iniziativa "Abbattiamo i muri del silenzio" ha vissuto tappe importanti di studio e approfondimento e culminerà in un contest enogastronomico in programma mercoledì 10 maggio presso l'istituto professionale statale "J.B. Beccari" di Torino. Auspico che a tutti gli studenti, grazie a quest'esperienza, sia arrivato forte e chiaro il seguente messaggio: lasciamo entrare nelle aule delle nostre scuole la legalità e facciamoci piccoli, grandi artefici di legalità nel nostro angolo di società. Non c'è modo migliore per onorare la memoria di coloro che il giudice Caselli ha chiamato benefattori".
(Targato CN, mercoledì 19 aprile 2017)